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OLIO D’OLIVA “CONQUISTA IL MONDO : +49% IN 25 ANNI

 

grazie alla leadership nei consumi gli italiani hanno una longevità da primato

Crescita record nei consumi di olio d’oliva di qualità a livello mondiale. In una sola generazione hanno fatto un balzo di circa il 49% , cambiando la dieta dei cittadini in molti Paesi: dal Giappone al Brasile, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna alla Germania, sulla scia del successo della Dieta Mediterranea, divenuta patrimonio dell’umanità Unesco.

Dato che emerge dall’analisi effettuata da Coldiretti sugli ultimi dati presentati dal Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi) a conferma del crescente successo delle stile alimentare Made in Italy.

Nel 2017, si sono consumati, in tutto il mondo, complessivamente 2,95 miliardi di chili di olio, metà dei quali nei Paesi dell’Unione Europea con la vetta della classifica conquistata dall’Italia, 557 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 470 milioni di chili.

Sul podio salgono anche gli Stati Uniti, con 315 milioni di chili, triplicati (+174%) rispetto a 25 anni fa.

A sostenere la domanda mondiale sono sicuramente gli effetti positivi sulla salute associabili al corretto consumo di olio di oliva, effetti comprovati da innumerevoli studi e analisi scientifiche che hanno fatto impennare le richieste in quei segmenti di consumatori che, nel mondo, è attento alla qualità e alla salubrità della propria alimentazione.

Attualmente, in Italia, sulla base di una recente, approfondita, ricerca Ismea, 9 famiglie su 10 consumano olio d’oliva tutti i giorni secondo uno stile alimentare fondato sulla dieta mediterranea che ha consentito al Belpaese di conquistare primati mondiali di longevità: tanto che la speranza di vita degli italiani è salita a 82,8 anni, ovvero 85 per le donne e 80,6 per gli uomini.

La crescita dell’olio d’oliva sulle tavole di tutto il mondo è avvenuta in modo vorticoso, nel corso di una generazione, anche in altri Paesi, a partire dal Giappone dove i consumi sono aumentati di 8 volte, raggiungendo i 55 milioni di chili, mentre in Gran Bretagna, è stata registrata una crescita del 247,6%,  per un totale di 58,4 milioni di chili, e in Germania, dove l’incremento è stato del 359,7%, per complessivi 61,6 milioni di chili.

Una rivoluzione nella dieta delle famiglie si è verificata, inoltre, in Paesi come il Brasile, dove l’aumento è stato del 313% per un totale di 60 milioni di chili, la Russia,  con una crescita del 233% anche se le quantità restano limitate a 20 milioni di chili, il Canada, con 39,5 milioni di chili e un incremento del 229%, la Francia, che con un progresso del 154% ha superato i 111 milioni di chili.

L’Italia, a fronte di una produzione di 370 milioni di chili da vita a un’importazione che ha superato i 500 milioni di chili per i 2/3 in arrivo dalla Spagna che è anche il primo produttore mondiale con un miliardo di chili.

A pesare è, nel corso dell’attuale campagna l’ondata di maltempo del 2018, che tra l’altro fa seguito a due campagne disastrate (2015-2016, causa la mosca; 2016-20127, per la cascola dell’ulivo), con almeno 25 milioni di piante di ulivo danneggiate dalla Puglia all'Umbria, dall'Abruzzo sino al Lazio con danni fino al 60% in alcune zone particolarmente vocate e la richiesta di rifinanziamento del piano olivicolo nazionale (Pon) da parte dell'Unaprol,

Una esigenza per recuperare il deficit italiano con il piano che prevede di aumentare nei prossimi 4 anni la superficie coltivata da poco più di un milione di ettari a 1,8 milioni di ettari anche con l’aumento delle aree irrigue con tecniche innovative di risparmio idrico.

Si tratta di potenziare una filiera che coinvolge in Italia oltre 400 mila aziende agricole specializzate con una produzione localizzata per metà in Puglia e a seguire in Calabria e Sicilia, mentre Campania, Lazio e Toscana rappresentano ciascuna una fetta fra il 4% e il 5% dell’offerta nazionale, anche se aree olivicole si trovano anche in altre parti della penisola come Veneto, Umbria, Molise e Lombardia, che vanta anche gli uliveti più a nord d’Italia in Valtellina (Sondrio).
Esistono, e tecnicamente ben radicate, tutte le condizioni per crescere e conquistare nuovi interessanti e remunerativu mercati, anche se c’è il rischio che una quota crescente di olio straniero venga “spacciato” come italiano, infatti sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte del tipo: ‘miscele di oli di oliva comunitari’, ‘miscele di oli di oliva non comunitari’ o ‘miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari’, obbligatorie per legge da apporre sulle bottiglie dell’olio di oliva”.

Indicazione, che, il più delle volte, è riportata in caratteri molto piccoli, posti nella retroetichetta e, in molti casi, in una difficilmente visibile. Situazione è ancora più preoccupante al ristorante dove in quasi un caso su 4 (22%) secondo una recente indagine Censis, ci sono oliere fuorilegge che non rispettano l’obbligo del tappo antirabbocco entrato in vigore da anni (2013).

Il consiglio ricorrente è quello di guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.

Un olio extravergine di oliva (EVO) di qualità deve essere profumato all’analisi olfattiva, deve ricordare l’erba tagliata e avere sentori vegetali, mentre all’esame gustativo deve presentarsi con aromi di amaro e piccante. Gli oli di bassa qualità invece trasmettono, in prevalenza, aromi di aceto o di rancido e all’esame gustativo sono grassi e untuosi. Riconoscere gli oli EVO di qualità significa acquistare oli ricchi di sostanze polifenoliche antiossidanti fondamentali per la salute.

Anche nella GDO, negli ultimi dieci anni si è registrato un profondo cambiato dell’offerta sugli scaffali in quanto lo spazio a disposizione dei diversi oli. Infatti, si è ridotto quello dedicato all’olio di oliva (dall’1,7% del 2008 allo 0,5% del 2017 sul lineare) mentre è aumentato quello dedicato all’olio EVO 100% italiano (dal 13,3% al 26,6%) e quello riservato ai Dop-Igp (dal 10,6% al 12,9%).

Il consumatore, nonostante i bisogni emergenti – ricerca della qualità, del gusto, dell’origine, ecc. – mostra ancora una notevole confusione nei confronti del prodotto, non riuscendo a identificare le differenze tra le tipologie (extravergine, vergine, ecc.) o l’esatta provenienza (regionale, italiana, comunitaria, ecc.).

Questo si traduce in più tempo speso per la scelta davanti allo scaffale (il 59% resta da 2 a 5 minuti, rispetto al 33,8% del 2008), a indicare la voglia di capire meglio.

 “Mediamente il consumatore passa più tempo di prima a scegliere l’olio di oliva da portare a tavola  e a leggere l’etichetta delle bottiglie, ma questo non sempre si riflette sulle abitudini di acquisto, rilevando un certo gap di conoscenza” ha dichiarato di recente, Raffaele Borriello, Direttore Generale dell’Ismea. I nostri dati ci dicono che chi acquista oli vorrebbe sapere di più sul patrimonio di oli nazionale, e, soprattutto la fascia più giovane come i millenials si dimostra molto sensibile all’origine del prodotto, alla territorialità e agli aspetti salutistici. Per questo occorre investire in futuro sull’informazione e sulla comunicazione al consumatore, approfondendo questi aspetti”.

In effetti, chi legge l’etichetta – si desume dall’approfondimento dell’analisi Ismea – è anche pronto a spendere di più: 8,2 euro a fronte di 4,2 euro attuali, per una bottiglia. In generale il consumatore, abituato a un “gusto piatto”, ha ancora poca dimestichezza con le variabili caratteristiche organolettiche degli oli italiani. Inoltre, considerata la forte pressione promozionale della Gdo sulla categoria, la percezione del reale valore del prodotto è completamente alterata e va ricostruita anche con azioni educative di informazione e di comunicazione mirata.

 

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