L’accordo di libero scambio con il Canada non solo legalizza la pirateria alimentare, accordando il via libera alle imitazioni canadesi dei nostri prodotti piu’ tipici: dal Parmesan al Prosciutto di Parma, spalancando, inoltre, le porte all’invasione di grano duro trattato, in pre raccolta, con il glifosato vietato in Italia e a ingenti quantitativi di carne a dazio zero.
Lo ha sottolineato, ribadendo la posizione della sua organizzazione, il vicepresidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nell’audizione al Senato.
In quel contesto ha anche ribadito la preoccupazione per le conseguenze economiche e sociali del CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), ovvero dell’accordo commerciale tra Unione Europea e Canada, che il Senato italiano è chiamato a a ratificare.
Un impatto devastante sulla coltivazione di grano in Italia con il rischio desertificazione di intere aree del Paese e una concorrenza sleale nei confronti degli allevatori italiani ma anche - ha ricordato Prandini - un rischio per i consumatori, sino ad oggi tutelati da una serie di norme sulla sicurezza alimentare che no ha precedenti nel mondo, nonché rappresentare un precedente pericoloso nei futuri negoziati internazionali.
E’ necessaria quindi – ha precisato Prandini - una valutazione ponderata e approfondita dell’argomento, soprattutto in considerazione della mancanza di reciprocità tra modelli produttivi diversi che grava sul trattato.
Secondo l’ormai noto “dossier Coldiretti” delle 291 denominazioni Made in Italy registrate ne risultano protette solo 41, peraltro con il via libera all’uso di libere traduzioni dei nomi dei prodotti tricolori (un esempio è il parmesan) e alla possibilità di usare le espressioni “tipo, stile o imitazione”.
Ma il vero rischio è rappresentato dall’impatto dalle 50.000 tonnellate di carne di manzo e dalle 75.000 tonnellate di carni suine, a dazio zero, che entreranno, in conseguenza dell’accordo, nel nostro Paese oltre all’azzeramento strutturale del dazio per il grano proprio mentre il governo canadese si è già mosso per sollevare questioni di compatibilità del trattato con il decreto di indicazione obbligatoria dell’origine della pasta che l’Italia ha depositato a Bruxelles.
A rischio, in sostanza, è il principio di precauzione che ha “governato” in Europa l’attività agricola, visto che la legislazione canadese ammette l’utilizzo di prodotti chimici vietati in Europa.