L’effetto siccità ha, come noto, provocato danni per oltre 2 miliardi nelle campagne, danno che, a quanto pare, non si è trasferito nel carrello della spesa, tutt’altro visto e considerato che gli alimentari e le bevande sono aumentati dello 0,8%, ovvero a un tasso al di sotto dell’inflazione.
Situazione che emerge da una approfondita analisi effettuata, su dati Istat relativi ai prezzi al consumo di agosto, dalla Coldiretti. Analisi che registra un indice di inflazione all1,2%. Nelle campagne – tuttavia, sempre secondo l’analisi effettuata da Coldiretti - i danni provocati dal clima pazzo si sommano alla ricorrente crisi generata dalle quotazioni che non riescono a coprire i costi di produzione e di gestione delle aziende, fenomeno che rappresenta una delle principali cause della loro chiusura.
I prezzi nelle campagne, infatti, sono in calo dal 20% per le pesche al 34% per le angurie, dal 44% per i meloni al 45% per i cavolfiori, mentre al dettaglio i prezzi della frutta risultano in aumento dello 0,2%.
La situazione drammatica in considerazione del fatto che la forbice dei prezzi tra produzione e consumo che si è allargata in questa fase congiunturale in cui l’agricoltura è costretta a fare i conti con gli ingenti danni provocati dal caldo e dalla siccità.
Il livello dei prezzi della frutta aumentano di 3-4 volte dal campo alla tavola, visto e considerato che i pochi centesimi pagati agli agricoltori diventano euro per i consumatori, questo nel momento in cui si assiste ad un incremento della domanda per fronteggiare il grande caldo, oltre che a pratiche commerciali pressoché vessatorie.
Occorre estendere al più presto l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della frutta trasformata in conserve e succhi per evitare che venga spacciata come Made in Italy quella importata dall’estero, ed aumentare i controlli sull’ortofrutta fresca di importazione, spesso etichettata e venduta come nazionale. Serve un impegno di filiera per salvare il frutteto italiano che si è ridotto di un terzo (-33 per cento) negli ultimi quindici anni con la scomparsa di oltre 140mila ettari di piante con il rischio che l’Italia perda quel primato europeo, faticosamente conquistato, nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea.