Nonostante il Veneto, dove insistono due importanti, a livello internazionale, produzioni di Oli Extra Vergine Dop (Garda e Veneto) e la produzione di olio di qualità (100% italiano) abbia registrato un consistente incremento, a livello nazionale la produzione risulta praticamente dimezzata per il crollo, prossimo a - 40% dei raccolti di olive.
Valutazione che scaturisce dal bilancio previsionale della Coldiretti che ha convocato la task force sull’emergenza maltempo in occasione dell’Assemblea elettiva della maggiore organizzazione degli agricoltori in Europa.
Particolarmente grave – viene è evidenziato nell’analisi previsionale - la situazione in Puglia dove una violenta tromba d'aria ha colpito, provocando danni gravissimi agli impianti olivicoli, la provincia di Brindisi; ma segnalazioni simili dagli olivicoltori sono giunte da tutte le regioni: dalla Calabria al Lazio fino alla Liguria, dove ad essere colpita è stata la pregiata varietà Taggiasca.
Una strage che colpisce il settore dopo le gelate invernali di Burian dello scorso febbraio che hanno compromesso 25 milioni di ulivi in zone particolarmente vocate lungo tutta la Penisola.
Il risultato è il crollo dei raccolti a meno di 265 milioni di chili, un valore vicino ai minimi storici per la pianta simbolo della dieta mediterranea pesantemente colpita dalla tropicalizzazione del clima.
La Puglia – come detto - si conferma comunque la principale regione di produzione, con 87 milioni di chili, nonostante il calo del 58%, mentre al secondo posto si trova la Calabria, con 47 milioni di chili con una riduzione del 34%, sul gradino più basso del podio, infine, la Sicilia dove il taglio risulta pari al 25%, per una produzione di 39 milioni di chili. In Campania il raccolto sarà di 11,5 milioni di chili, pari a una riduzione del 30%.
Al centro diminuisce a 11,6 milioni di chili la produzione di: Abruzzo (-20%) e a 14,9 milioni di chili; Lazio (-20%); mentre aumenta a 15 milioni di chili in Toscana (+20%) come nel nord dove complessivamente si registrano incrementi del 30% e più.
I danni agli ulivi comporteranno conseguenze pesanti anche nel lungo periodo, fermo restando il disastroso impatto a livello ambientale. In queste condizioni un piano olivicolo nazionale 2.0 deve essere considerato dal governo un'assoluta priorità se si vuole concretizzare l’obiettivo di assicurare la sicurezza e la diffusione dell’olio italiano al 100% stabilizzando le condizioni economiche della vendita annullando, almeno in parte, il rischio per i consumatori di acquistare oli, magari venduti sotto marchi italiani ceduti all’estero o con l’etichetta delle grande distribuzione, frutto di prodotto straniero (tunisino, spagnolo o greco), favorito, come sovente accade, da etichette dove l’indicazione della provenienza è spesso illeggibile.
Situazione resa più problematica, nel 2018, dagli arrivi di olio dalla Tunisia tra l’altro quasi triplicati (+170%) e potrebbero crescere ulteriormente se, come sembra, l’Unione Europea rinnoverà l’accordo per l’ingresso di contingenti d’esportazione di olio d’oliva a dazio zero verso i mercato comunitari per 35mila tonnellate all’anno, scaduto inoltre il 31 dicembre 2017, oltre alle 56.700 tonnellate previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia (in vigore dal 1998).