Prandini: con bollino nero a rischio 41,03 miliardi di export
“No a bollini allarmistici o a eventuali, possibili, tasse per dissuadere il consumo di alcune tipologie di alimenti come: olio extravergine, Parmigiano Reggiano o Prosciutto di Parma che, dal Sudamerica all’Europa, con l'ultima adesione anche della Spagna, rischiano di essere ingiustamente diffamati da sistemi di etichettatura ingannevoli e politiche fiscali che sostengono modelli alimentari sbagliati”.
E’ quanto sostiene il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che il nostro Paese, e non solo, deve difendere i primati di qualità e distintività del proprio sistema produttivo, facendo riferimento alla presentazione, lunedì 13 novembre, alla seconda commissione dell’Assemblea Generale dell’Onu, a New York, della risoluzione presentata dai sette Paesi della “Foreign Policy and Global Health (Fpgh) nella quale si “esortano gli Stati Membri a adottare politiche fiscali e regolatorie che dissuadano dal consumo di cibi insalubri”.
La proposta dovrà essere discussa nel corso di una serie di negoziati per cercare di trovare una posizione comune in vista del 14 dicembre prossimo, data dell’ultima convocazione dell’anno per la seconda commissione Onu. Dall’andamento delle trattative dipenderà la possibilità o meno che la risoluzione venga presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Si tratta – sottolinea Coldiretti – di una iniziativa promossa da Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia che contraddice il documento, approvato il 27 settembre scorso al Terzo Forum di alto livello delle Nazioni Uniti, sulle malattie non trasmissibili in cui grazie al pressing esercitato dall’Italia non sono stati menzionati strumenti dissuasivi su prodotti alimentari e bevande.
Questo nuovo attacco colpisce gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale, chiedendo di predisporre apposite etichette nutrizionali e di riformulare le ricette, sulla base di un modello di alimentazione artificiale ispirato dalle multinazionali che mette, di fatto, in pericolo, per il futuro, prodotti Made in Italy, ovvero quel “plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo.
Un patrimonio che è alla base della Dieta Mediterranea, paniere” di prodotti che l’Unesco (nel 2010) ha dichiarato patrimonio immateriale dell’umanità, che ha consentito all’Italia di conquistare, con ben il 7% della popolazione, il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa davanti a Grecia e Spagna, ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 per gli uomini e a 85 per le donne.
Un corretto regime alimentare si fonda, infatti, sull’equilibrio nutrizionale tra i diversi cibi consumati e non va ricercato sullo specifico prodotto. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete più o meno sane.
Dunque, quanto sta avvenendo rappresenta un ulteriore proditorio attacco al ventaglio dei prodotti agroalimentari Made in Italy che nel 2018 hanno messo a segno un ulteriore record di esportazioni con un +3% nei primi sei mesi dopo i 41,03 miliardi di esportato nel 2017.
Il rischio incombente è che vengano promossi, in tutto il mondo, sistemi di informazione visiva come quello adottato in Cile dove si è già iniziato a marchiare con il bollino nero, sconsigliandone di fatto l’acquisto, prodotti quali il Parmigiano, il Gorgonzola, il Prosciutto e, addirittura, gli Gnocchi e, di conseguenza, le esportazioni del made in Italy sono crollate del 12% nei primi sette mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. O come il caso dell’etichetta a semaforo adottata in Gran Bretagna che finisce per escludere nella dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.
Vengono infatti promossi con il semaforo verde cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e bocciati elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche i principali formaggi e salumi italiani.
Ad essere discriminati, con quasi l’85% in valore del Made in Italy, molti prodotti con certificazione a denominazione di origine (Dop) che l’Unione Europea e le stesse istituzioni internazionali dovrebbero invece tutelare.
L’etichetta a semaforo inglese invece indica con i bollini rosso, giallo o verde il contenuto di nutrienti critici per la salute come: grassi, sali e zuccheri, senza basarsi sulle quantità effettivamente consumate, bensì solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze, porta a conclusioni fuorvianti come il ‘Nutri-score’ francese che a differenza classifica gli alimenti con cinque colori secondo il loro contenuto di ingredienti considerati “cattivi”’ (grassi, zuccheri), ma anche “buoni” (fibre, frutta, verdura).
Sistema che, secondo quanto annunciato dal ministro della salute spagnolo, María Luisa Carcedo, sbarcherà presto anche in Spagna.
L’esigenza di informazioni al consumatore sui contenuti nutrizionali deve essere soddisfatto nella maniera più completa e dettagliata, ma anche con chiarezza, a partire dalla necessità di usare segnali univoci e inequivocabili per certificare le informazioni più rilevanti per i cittadini mentre sistemi troppo semplicistici cercano di condizionare in modo ingannevole le scelte del consumatore. Bisogna dunque evitare, invece, il rischio di alimentare una pericolosa deriva internazionale che può portare alla tassazione di prodotti particolarmente ricchi in sale, zucchero e grassi ma anche all’apposizioni di allarmi, avvertenze o addirittura immagini shock sulle confezioni per scoraggiarne i consumi.