I cancri rameali sono malattia che possono essere provocate da numerosi agenti patogeni, come funghi, batteri, che s’insediano sulle parti legnose, rami e tronco, e che producono sempre il medesimo risultato delle spaccature che raggiungono i tessuti interni, ponendoli in mostra, i quali assumono un colore più scuro del normale. La pianta va incontro a disseccamenti delle porzioni colpite e, nei casi più gravi ed estesi, se non s’interviene anche alla morte.
Dal 2011 nel Triveneto negli olivi sono comparsi i primi sintomi e, negli anni, si sono aggravati sempre più. Ricerche condotte dal Servizio Fitosanitario della Regione Veneto, unitamente all’Università degli Studi di Padova hanno condotto quale responsabile di questi cancri rameali alla famiglia di fungina delle Botryosphaeriaceae, costituita da un gran numero di funghi patogeni: Queste crittogame si sono sempre ritenute poco aggressive e deboli, entravano nell’organismo vegetale quanto la pianta subiva ferite, o stress, e, per questo, erano indicati come opportunisti. In questi ultimi anni si è visto che il loro comportamento è cambiato e non solo nei confronti dell’olivo, ma anche di altre piante, come la vite, il melo, il pero, il pistacchio, il mago, probabilmente perché sono pervenute nuove opportunità per la loro sopravvivenza e moltiplicazione, che aiuta questi funghi a instaurare infezioni a diffondersi.
Questa modo di comportarsi mostra che questi funghi sono in grado di vivere su ospiti diversi e si adattano a più ambienti geografici e territoriali. In Italia, la loro presenza è stata segnalata per la prima volta nel 1978, Molise, (Cristinzio et al.1978), circa dieci anni dopo, era il 1987, in Emilia-Romagna (Rovesti e Montermini), a seguire le Marche (Romanazzi et al., 2009), la Puglia (Pollastro et al., 2000; Carlucci et al., 2009; Carlucci et al., 2015), la Sardegna (Linaldeddu et al., 2010; Linaldeddu et al., 2015), la Sicilia (Burruano et al., 2008; Mondello et al., 2013) e in Toscana (Spagnolo et al., 2011).
Riguardo al quadro sintomatologico, gli olivi affetti da Botryosphaeria mostrano l’insorgenza di cancri perenni nei tessuti sottocorticali, dove, inizialmente, compaiono striature brune longitudinali in un processo necrotico a carico dei tessuti corticali e cambiali del tronco e dei rami; appare subito come una depressione della superficie del fusto, o del ramo, poi si screpola; i tessuti di cicatrizzazione che si formano giungono a cicatrizzare e circondare completamente il fusto o il ramo, determinandone anche la morte.
Per quanto concerne la manifestazione della malattia e le condizioni che favoriscono, o ostacolano, lo sviluppo delle Botryosphaeriaceae si sa ancora poco ed è oggetto di studio, a ogni buon conto le principali fonti di inoculo nell’oliveto sono i picnidi che si sviluppano sul legno di olivi infetti, ma potrebbero ben essere anche altre specie di piante, vegetali definite “piante serbatoio”. L’inoculo fungino, costituito dai picnoconidi sembra si diffonda nell’oliveto principalmente da ferite di potatura, ma da insetti vettori che, magari indirettamente per le microferite che causano alle piante per la loro nutrizione, potrebbe ben rappresentare una via di penetrazione, sebbene non ancora accertata. Ora manca uno studio dei candidati vettori che possono trasmettere da olivo a olivo o da altra con insetto che si nutrono di linfa da vasi legnosi o dal parenchima fogliare, caratterizzati da un apparato boccale in grado di raggiunge e acquisire le cellule fungine dalle piante infette e trasmetterle a quelle sane.
Il controllo delle sindromi di deperimento causate da Botryosphaeriaceae è a oggi di difficile realizzazione, sino le strategie di difesa, chimica, agronomica e igienicosanitaria, hanno avuto esito limitatamente risolutivo e si è visto che l'impiego di una singola misura è generalmente inefficiente per ridurre l’incidenza del parassita piuttosto è necessaria la combinazione di più misure compatibili. I metodi chimici consistono, essenzialmente, nella protezione delle ferite di potatura mediante fungicidi, sinora sono stati utilizzati composti rameici a più riprese, che mirano a ostacolare o contenere l’infezione.
Si è visto che questa malattia presenta un generale deperimento della pianta, che tende a diventare cronico, ma ha anche una forma acuta, che si caratterizza da un rapido disseccamento dei rami e, questo, può determinare un generale arresto dello sviluppo, fino all’apoplessia.
Sinora non si sono notati sintomi fogliari, come non sembrano avere influenza l’età dell’oliveto, le varietà d’olivo, il sistema di potatura e di allevamento.
La Regione Veneto, tramite il Servizio Fitosanitario e l’Università degli Studi di Padova, sta attuando un attento studio del problema, oramai giunto a una fase avanzata della ricerca.