E’ record storico per il Made in Italy alimentare con una crescita del +7,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
E’ quanto emerge da una analisi effettuata da Coldiretti sui dati Istat relativi a commercio estero nei primi sette mesi del 2017 dopo che nel 2016 l’agroalimentare aveva raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi.
Se il trend sarà mantenuto a fine anno - dunque - sarà superata, per la prima volta, la soglia dei 40 miliardi di euro di export agroalimentare sia nei paesi dell’Unione (+5,1%) sia in quelli fuori dell’Europa dove è stato messo a segno un incoraggiante +10,8%.
Quasi i due terzi dell’export agroalimentare interessa tanto i Paesi dell’Unione Europea ma gli Stati Uniti restano, di gran lunga, il principale mercato dell’italian food, ovvero il terzo mercato di sbocco dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.
Il prodotto più esportato all’estero risulta il vino seguito dall’ortofrutta fresca. L'andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale che ‘ruba’ oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano l'Italia.
Un dato di inaudita dimensione nonostante che i prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con i valori qualitativi e organolettici con quelli nazionali e tantomeno con le realtà paesaggistiche del nostro Paese.
All'estero – stando alle rilevazioni effettuate - sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre.
In testa alla classifica di quelli più taroccati ci sono i formaggi Dop, a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, oltre a Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago e Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal prosciutto di Parma al San Daniele, sovente “clonati”, accanto agli extravergini di oliva, alle conserve.
A preoccupare, oggi, sulla dimensione di tale fenomeno sono i potenziali effetti derivanti dal Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui, per la prima volta nella storia l’Unione Europea, si legittima, grazie ad un accordo internazionale, la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali.
Se unito alla svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare, il fenomeno della “agropirateria” non avrà solo riflessi negativi solo sul mercato canadese ma avrà effetti moltiplicati nei negoziati con altri Paesi, anche emergenti, che saranno autorizzati a chiedere le stesse concessioni minando così i valori stessi delle specialità Made in Italy acquisito con tanto impegno da parte delle imprese e dalle istituzioni nazionali, grazie ad una politica basata sui valori nutrizionali e organolettici di ciascun prodotto.