ULIVO MIGRA SULLE ALPI E IL VINO HA 1 GRADO IN PIU’
libri di scuola e proverbi da cambiare, rischia il Made in Italy
Causa gli ormai accertati cambiamenti climatici la coltivazione dell’ulivo in Italia è prossima alle Alpi.
Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee, mentre i vigneti sono arrivati addirittura sulle vette. Situazione evidenziata dal primo studio Coldiretti-Ixe’ su “I tropicali italiani e gli effetti dei cambiamenti climatici” presentato in occasione del Villaggio Contadino promosso e organizzato da Coldiretti, la scorsa settimana a Milano nelle aree prospicienti il Castello Sforzesco, in quelle di Piazza del Cannone a Piazza Castello, cui hanno preso parte oltre diecimila agricoltori e nel cui ambito è stata allestita la prima esposizione di produzioni esotiche coltivate in Italia: dal mango all’avocado, dallo zapote alla sapodilla.
La tendenza al surriscaldamento climatico si fa sentire anche in Italia dove – sottolinea Coldiretti – il mese di giugno appena concluso è stato il più caldo mai registrato in Europa e nel mondo con una temperatura media di oltre 2 gradi sopra la norma e che secondo il servizio per il cambiamento climatico, Copernicus (C3S), il programma europeo di osservazione satellitare della Terra, non si tratta di un dato isolato poiché la classifica degli anni più caldi lungo la Penisola negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo ventennio e comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2003, il 2016, il 2007, il 2017, il 2012, il 2001 e poi il 1994.
Il risultato è un radicale mutamento su paesaggio, sulla distribuzione e stagionalità delle coltivazioni e sulle stesse caratteristiche dei prodotti piu’ tipici del Made in italy. Si è verificato nel tempo – precisa Coldiretti – un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. E’ infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera Nord dell’olio d’oliva italiano.
Negli ultimi dieci anni, infatti, la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno.
In Toscana sono arrivate addirittura le arachidi mentre nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee.
Il vino italiano, inoltre, è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato anche un anticipo della vendemmia di ben un mese rispetto al tradizionale periodo di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti.
Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite, oggi, a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni piu’ alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.
Il riscaldamento provoca anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette a rischio il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani.
I cambiamenti climatici in corso si manifestano anche con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense e l’arrivo di nuovi pericolosi parassiti alieni. “L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma è anche il settore più impegnato per contrastar afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che come questa situazione imponga, secondo il presidente Coldiretti, Attore Prandini, “una nuova sfida per le imprese agricole che devono saper interpretare e affrontare le novità segnalate dalla meteorologia e gli effetti ricadenti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio”.